Un ettaro e mezzo che da strada Castello di Mirafiori digrada verso il Sangone, verso quelle sponde dove il tornitore Berto cantato da Gipo Farassino ostentava negli Anni ’60 il muscolo e l’abbronzatura da calderaio per far colpo sulle signore “oriunde” di Bussoleno con due mansarde a Nichelino. E dove i tanti contadini immigrati dal Sud per diventare operai nella grande fabbrica di corso Agnelli tentavano di mantenere i legami con la propria cultura coltivando un pezzo di terra. Poi, con il passare degli anni gli orti “abusivi” proliferarono, qualcuno azzardò l’allevamento di maiali, la cascina Piemonte venne occupata e poi andò a fuoco, l’area divenne terra di nessuno, un posto buono per un “buco”, una discarica abusiva.
Oggi, in strada Castello di Mirafiori 38/15, quella stessa area ospita 160 appezzamenti da 50, 75 e 100 mq.: gli Orti Generali, irrigati automaticamente grazie a una centralina che rileva meteo, umidità e temperatura e coltivati con metodo biologico individualmente, da famiglie, gruppi o associazioni, che possono contare su corsi di formazione teorica e pratica, attività e laboratori su temi legati all’agricoltura biologica, all’orticoltura e ai lavori rurali, e su una serie di servizi che vanno dal piccolo casotto per gli attrezzi alla guardiania, oltre all’irrigazione, per i quali corrispondono un contributo mensile rispettivamente di 25, 35 e 40 euro, con signficativi sconti per gli under 35 e gli ortolani solidali.
Partendo da un’idea di Isabella De Vecchi e di Marco Bottignole, Stefano Olivari, affermato paesaggista, e Matteo Baldo, sociologo, hanno scritto il progetto per Orti Generali, diventato realtà in cinque anni, grazie ai finanziamenti dell’UE, del ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, del Comune di Torino, della Compagnia di San Paolo, di Iren e al lavoro di tanti volontari.
Torino è così, oggi, l’unica città europea a portare avanti un progetto di questo tipo, che mette la condivisione al centro di un modello di recupero ambientale e sociale. L’area è in continua trasformazione, la lista di attesa per associarsi a Coefficiente Clorofilla (1€ all’anno), l’associazione che gestisce i terreni, conta 130 persone, tra il 2019 e il 2020 sono stati piantati tra gli orti 160 meli, peri e gelsi di antica stirpe a rischio estinzione; lungo i vialetti presto troveranno posto panchine e gli Orti Generali diventeranno un parco urbano aperto a tutti.
Orti Generali è un esperimento straordinario: «Solo il 30 per cento degli orti è coltivato da pensionati, 25 sono coltivati da under 35 e 15 da ortolani solidali, molti che occupavano un terreno abusivamente si sono regolarizzati – riepiloga Silvia Lombardi, responsabile della comunicazione –. Nella parte bassa del parco, una discarica a cielo aperto di circa 1,5 ettari verso il Sangone è stata risanata grazie al lavoro dei volontari e al sostegno dell’Amiat, la ex cascina Piemonte è stata ristrutturata e oggi, oltre a essere la sede di Orti Generali è un punto di ristoro dopo il lavoro negli orti, ma aperto ai soci venerdì, sabato e domenica per la merenda sinoira».
Il chiosco è circondato da 28 tavoli nei prati del parco sul Sangone, tra il bosco fluviale, la fattoria urbana e gli orti collettivi. Si possono acquistare birre artigianali, vini, salumi e formaggi, preparati gastronomici di produttori locali e certificati. Nel rispetto dell’ambiente, i bicchieri sono in vetro, piatti e posate riutilizzabili e riciclabili, gli scarti della cucina nutrono gli animali della fattoria o finiscono in compostiera.
Intorno al chiosco, un grande orto collettivo, intorno al quale razzolano galline e brucano pecore e agnelli. I volontari lo coltivano e alimentano così la filiera del circuito solidale di Mirafiori, raccogliendo gli ortaggi distribuiti poi alle persone in difficoltà da Mirafiori Quartiere a Spreco Zero, Locanda nel Parco con il progetto C.A.R.O.T.A. e Casa Farinelli.
«In un anno gli orti Generali producono 1,5 tonnellate di ortaggi, 160 famiglie beneficiano dell’autoproduzione, oltre ai 4 dipendenti vi lavorano 4 tirocinanti per perforsi formativi di inserimento lavorativo, 50.000 euro generati dalla concessione all’uso dei terreni vengono completamente reinvestiti nelle attività di servizio – riassume Matteo Baldo –; la prossima sfida è coinvolgere nel progetto quanti occupano gli altri ettari di parco».
Mauro Fresco su La Voce e Il Tempo dell’8 novembre 2020