Un agnostico (pio, aggiunge Bergoglio) e un Papa, un ex comunista e un cattolico, un italiano e un argentino, un gastronomo e un teologo. Un dialogo che comincia con una telefonata di papa Francesco a Carlo Petrini il 13 settembre 2013 per ringraziarlo della lettera che il fondatore di Slow Food e Terra Madre, colpito dalla visita pastorale del Papa a Lampedusa in segno di solidarietà con i migranti, aveva scritto al Pontefice. Un dialogo proseguito fino a oggi e che Petrini, «con la collaborazione di Bergoglio che non ha fatto mancare le sue correzioni» riporta in Terra Futura, dialoghi con papa Francesco sull’ecologia integrale, edito da Giunti e Slow Food Editore.
I ricavi del libro sono destinati a ristrutturare un edificio lesionato dal terremoto ad Amatrice, nel Lazio, che diventerà la sede di una delle Comunità Laudato si’, la rete internazionale promossa dalla Chiesa di Rieti e da Slow Food per riflettere e promuovere azioni concrete per l’ecologia integrale proposta nell’enciclica del Papa Laudato si’ nel 2015.
Sotto le alte volte delle Officine Grandi Riparazioni di Torino, prima grande fabbrica cittadina nell’Ottocento e oggi fabbrica di innovazione e cultura grazie al progetto della Fondazione CRT, abbiamo discusso di terra futura con Carlo Petrini.
Il funerale della sinistra apre l’ultimo libro dello scrittore greco Petros Markaris, L’omicidio è denaro. Lambros Zisis, vecchio amico comunista del commissario Charitos celebrandolo dice: “Oggi i poveri devono sollevarsi da soli se vogliono ottenere qualcosa. (…) devono essere loro a creare un movimento. E anch’io, (…) devo traslocare dall’ideologia del marxismo-leninismo e passare all’ideologia della povertà.”. In Terra Futura lei scrive che non esiste ambientalismo senza attivismo per gli ultimi. La politica deve ripartire da questo?
L’ecologia integrale proposta da papa Francesco ci consegna questa verità. La crisi dell’ambiente impatta sulle nostre vite, in particolare su quelle dei più poveri. La questione ambientale ha la sua centralità, la tutela dell’ambiente è il discrimine tra la Politica – con la P maiuscola – e la non politica. Il Papa ripete sempre che la Laudato si’ non è un’enciclica verde, ma sociale, che prosegue la lunga riflessione magisteriale su questi temi: bisogna tornare a occuparsi dei poveri, partendo dal basso per ricostruire un welfare di Stato. Gli scompensi ecologici sono la chiave per capire le grandi migrazioni a cui stiamo assistendo. Perché queste migrazioni sono anche figlie del cambiamento climatico, della desertificazione, oltre che del colonialismo. Eppure la nostra Europa non riesce a capirlo e costruisce muri, alimenta la paura e la diffidenza, soffia sul fuoco della guerra tra poveri.
In Terra Futura, riferendosi ai migranti albanesi che sbarcavano in Puglia negli Anni ’80, scrive: “Erano poveri e vedere i poveri può spaventare perché ci ricorda che anche noi possiamo esserlo o diventarlo”. Oggi una larga parte della popolazione occidentale vive l’esperienza della povertà, l’odio verso i migranti cresce: come possiamo ricucire, al di là del reddito di cittadinanza?
Dobbiamo intervenire per ridurre le disuguaglianze, il reddito di cittadinanza è una strada, del resto già intrapresa dalla legislatura precedente. Se non ci piace il nome o i modi cambiamoli, ma uno stato sociale non può abbandonare le persone che sono nel bisogno. La pandemia Covid ha poi accentuato il problema. Dobbiamo intervenire con nuovi progetti per il lavoro, serve un patto solidale e collaborativo, che passi attraverso il dialogo con chi la pensa in modo diverso: ma il nostro tempo è contraddistinto dalla lite, dall’insulto. Il magistero di papa Francesco ci ricorda continuamente che siamo di fronte a un’urgenza, ma che serve il tempo per riflettere e confrontarsi, per superare idee contrapposte. Nell’ultima enciclica Fratelli tutti il Papa invita a riscoprire la gentilezza. Poi il confronto televisivo Trump-Biden ci riporta sulla terra…
Fritjof Capra, un fisico e filosofo austro-americano con un pensiero davvero illuminante, mi ha detto: “Carlin, vedendo come va la politica a livello globale, io penso che il futuro saranno le comunità. Le comunità potranno diventare dei soggetti importantissimi perché sono in grado di accettare grandi e impegnative sfide in virtù della loro sicurezza affettiva”. In sostanza, in una comunità si possono prendere decisioni coraggiose e affrontare sfide complicate perché ciascuno può contare sulla consapevolezza che la sicurezza affettiva gli darà il sostegno della comunità anche nell’errore. E se ci pensiamo bene, nei momenti più bui e difficili della storia dell’umanità sono state le comunità che hanno avviato le più grandi e positive rigenerazioni. Basta guardare alle comunità benedettine che nel tardo Medioevo hanno rigenerato l’agricoltura e con essa l’Europa intera. La regola “Ora et Lege et Labora” non è un imperativo ma una scelta, che si basa sulla comunità che si è costruita e che continua a costruirsi sull’amicizia e la certezza affettiva: anche se poi, anche nelle comunità si litiga…
Nel 2016-2017 la cooperativa equo solidale Baobab realizzò in accordo con il Comune di Grugliasco, un progetto concreto che permetteva a una famiglia di quattro persone di fare un pasto completo spendendo 6 euro. Tuttavia serve impegno e convinzione individuale per sostituire la bistecca con i legumi e il progetto fallì. Come si formano consumatori consapevoli, in particolare se sono poveri, in un’economia turbo capitalista?
Esigenza primaria è un lavoro costante di informazione e formazione, anche in campo alimentare. La società dei consumi non si è accontentata di ridurci a consumatori, ci ha trasformati in soggetti attivi del processo. Dobbiamo imparare, educarci, conoscere i prodotti e come vengono lavorati, se si rispettano i diritti dei lavoratori e si tutela l’ambiente, se l’azienda pratica giustizia sociale. Far maturare la consapevolezza che se scegliamo diversamente siamo complici di ingiustizia.
Su questi temi il ritardo del mondo accademico è paradossale. I corsi di laurea in Economia continuano a muoversi come hanno fatto negli ultimi quarant’anni. Solo a Bologna, per iniziativa di Zamagni c’è un corso di Economia Civile e La Cattolica ha inaugurato solo quest’anno la laurea triennale in Economia circolare. Mancano i formatori o siamo di fronte a pigrizia culturale?
Non c’è un confronto serio, lo scorso anno accademico solo una ventina di tesi delle facoltà di Economia in Italia erano dedicate alla sostenibilità. Si continua a veicolare gli stessi modelli da quarant’anni, ma il mondo è cambiato. Successe lo stesso anche nelle facoltà di Agraria: quando qualcuno cominciò a ipotizzare colture biologiche e rispettose dell’ambiente veniva guardato come si guardano i pazzi.
I grandi Fondi puntano 41 mila miliardi di dollari per convertire le aziende all’Environmental social governance che individua pratiche per migliorare le aziende stesse: dalla tutela ambientale, al rispetto dei diritti di genere, dagli standard lavorativi e dai rapporti con la comunità civile fino alle regole societarie, dalle retribuzioni dei manager ai controlli interni. E continuare così a generare profitti. Il capitalismo che cambia per non morire o una svolta?
La sensibilità per l’ecologia integrale è aumentata nella società civile, soprattutto grazie ai giovani, che adottano nuovi comportamenti che influenzano la produzione. Ma il termine sviluppo sostenibile rischia di diventare vuoto se si continua ad avere come unico punto di riferimento il profitto: non andremo da nessuna parte. Bisogna inserire nel funzionamento dell’economia la solidarietà, l’impatto sociale che le aziende hanno sui territori. Non basta dare una mano di bianco alla facciata. Bisogna rinforzare le fondamenta della casa, eliminare le crepe nei muri maestri.
Mauro Fresco su La Voce e Il Tempo del 18 ottobre 2020